mercoledì 8 aprile 2020

Credere


“Credere

1.
Accogliere tra le proprie convinzioni o opinioni, per intima persuasione, per adesione spirituale, per un atto di fede; dare credito a qualcosa, ritenerlo vero.

2.
Essere certo dell'esistenza di qualcuno o di qualcosa (+ in, a ): c. in Dio; c. nella reincarnazione; c. nelle streghe (anche, fig., prestare fede a cose impossibili); c. al malocchio.”

Eccolo, il verbo più agito e quasi mai nominato di questo periodo.
Non ci bastano i comunicati ufficiali, i dati, le decisioni prese (con tutti i difetti del caso) per il bene della comunità. Noi vogliamo di più.
Abbiamo bisogno di un capro espiatorio, di un intervento magico che risolva la situazione, e per questo siamo pronti a credere a chiunque.
Siamo pronti a credere che esistono farmaci miracolosi che vengono tenuti segreti perché ci vogliono sterminare.
Siamo pronti a credere che c'è un nemico che si chiama Cina, USA, Soros, Bilderberg, Rettiliani o Cthulhu che ha prodotto e diffuso il virus.
Siamo pronti a credere che possiamo combattere il virus facendo i bulli (salvo poi fare la fine di Boris Johnson cui auguro pronta guarigione anche dei problemi mentali).
E, soprattutto, siamo pronti a credere che a noi non succederà niente (vedi sempre Boris Johnson).
L'unica cosa che non vogliamo credere è che se fossimo stati più attenti anche alle esigenze degli altri, di quella gran parte del mondo che vive in situazioni disagiate, che se avessimo avuto solo più rispetto del pianeta che abitiamo e delle persone che lo abitano con noi, forse, questa pandemia l'avremmo evitata.
E' sempre comodo credere che la colpa sia degli altri.
Fa malissimo assumersene la responsabilità allo specchio.
E, parafrasando una t-shirt molto diffusa: “Ognuno ha bisogno di qualcosa in cui credere, io credo che berrò un altro caffè

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