Non sono immagini artistiche, ma servono a dimostrare che il bambino sta crescendo bene e sano.
Ma sono foto.
Ovvero immagini che dicono: "Oggi, 30 maggio 2020, questo bambino sta bene." Immagini che fermano un attimo specifico.
Allo stesso tempo, però, io non sopporto di essere fotografato e non mi piace (soprattutto) aprire vecchi album, scatoloni o scorrere gallerie di foto digitali.
Quelle rare volte che mi succede, lo faccio da solo.
Perché liberare delle foto espone sempre al pericolo di emozionarsi, in positivo come in negativo,
Si può passare dal sorriso alla lacrimuccia in un attimo.
Mi imbarazza condividere.
Le foto dei luoghi dove sono stato sono, per me, più accettabili, di solito mi suscitano qualche curioso aneddoto e quasi nessuna nostalgia.
E poi, soprattutto, non amo vedermi in foto così come non amo sentire la mia voce registrata, perché nessuna delle due corrisponde alla percezione che ho di me.
Non parliamo dei selfie in pochi o in tanti, sono un male necessario al quale talvolta mi sottopongo per quieto vivere.
So di essere nato nei giorni del segno astrologico del sagittario, un segno che viene rappresentato talvolta da una freccia lanciata, e, anche se le stelle non hanno alcun influsso sulla mia vita, questo simbolo mi rappresenta bene.
Sono una freccia cicciona che attraversa l'aria diretta a centrare un bersaglio a me ignoto, guardo in avanti e basta.
Però ci sono anche foto che mi piace guardare, e su Instagram ci sono tre amici: Pino D'Emilio (@pelagiodafro4), Alessandro Morbidelli (@alessandro_morbidelli) ed Angelo Canaletti (@angelo_canaletti), che mi affascinano con i loro scatti da guardare in silenzioso godimento.
Mentre bevo un caffè.