Ciao Enrico.
venerdì 19 marzo 2021
Frammenti 3
mercoledì 3 marzo 2021
Frammenti 2
Sono un coglione.
Mi sono sempre reputato fortunato, ho sempre pensato che la vita che facevo era bella e che dovevo riconoscenza ai miei genitori che avevano lavorato per farmi studiare e alla società che mi offriva questa possibilità. Allo stesso tempo questa mentalità mi ha portato a preoccuparmi di chi non aveva le mie possibilità cercando con la mia vita, il mio lavoro e anche le scelte politiche, di costruire un mondo migliore.
Ecco perché sono un coglione.
Non serve a nulla. Nessuno è capace di preoccuparsi degli altri, nessuno è disposto ad impegnarsi davvero per aiutare gli altri in nessun modo e in nessuna stratificazione sociale.
La pandemia lo ha chiaramente dimostrato. Non importa se sei un miliardario o un pezzente, l'importante è farti i cazzi tuoi a scapito degli altri. Guardare solo al tuo benessere e fottertene di quello generale. Dire che sei d'accordo a restrizioni, lockdown, mascherine e tutto il resto salvo trovare il tuo personale modo per fregartene delle regole e continuare a fare la vita di sempre, che sia la vacanza al Billionaire o ciuccarsi con gli amici al bar.
Beh, questo mi fa altamente girare le palle.
Perché io mi alzo tutte le mattine e vengo al lavoro per visitare e curare i problemi medici delle mie utenti di cui sicuramente fanno parte anche quelle che, insieme alle loro famiglie, non hanno comportamenti rispettosi delle regole antiCovid. E perché io dovrei stare qui a curarle se loro quando devono collaborare se ne fottono?
Perché ho fatto un giuramento?
Comodo, troppo comodo.
Mi piacerebbe davvero poter vivere come il Marchese del Grillo enunciando il sommo concetto: “Io so io e voi non siete un cazzo.” Cioè come fanno almeno i due terzi degli italiani.
Ma non ci riesco, quindi mi sento frustrato.
Insomma, sono un coglione.
sabato 27 febbraio 2021
Frammenti 1
Che situazione ambivalente!
Da un lato tutte le parole scritte e pronunciate nei social, nei media mi stanno progressivamente nauseando, dall'altro ho comunque il bisogno di scriverle qui. Smetto, però, di segnalare i post su twitter e instagram, così mi regalo il brivido dell'incertezza, come una roulette russa, Se qualcuno capita qui e legge bene, altrimenti il solo fatto di aver scritto è già per me terapeutico.
Terapeutico in questo tempo di pandemia dove pare che sia riuscito a schivare il virus (sono anche vaccinato) ma non le conseguenze psicologiche di un anno di vita da "zona rossa" per evitare di portare contagi in famiglia.
Mi sento più teso, non ho alcuna speranza né nel futuro né nel genere umano, lavoro ogni giorno su me stesso per tenere a bada la rabbia ed essere disponibile verso le pazienti, e poi mi lascio sorprendere da momenti di tenerezza che sfiorano (o sfociano) nella commozione.
E poi questa vita, che lo voglia ammettere o meno, ha un forte retrogusto di morte.
Una volta se mi lasciavo andare al sonno perché potevo dormire quanto volevo, ero capace di svegliarmi anche per le undici senza che la sera precedente avessi fatto chissà quanto tardi.
Ora il termine massimo sono le otto. E' come se il nuovo giorno mi invitasse a non sprecarne poi tanto ad occhi chiusi. Ok, mi alzo, bevo il caffè e poi mi metto a scrivere (ci sono diversi bei progetti in ballo) però il "blue" permane.
Mi chiedo cosa accadrà se e quando qualcuno proclamerà che la pandemia è finita e possiamo tornare a viaggiare, vedere amici. Sarò capace di ridiventare veramente sociale o mi metterò a fingere rimanendo desideroso di non lasciare la mia odioamata tana?
Non so proprio cosa rispondermi.