lunedì 11 maggio 2020

Comunicare

Ok la faccio semplice, e populistica, forse.

Il capo di un governo ha un ruolo che nella mia testa semplice è quella di un capofamiglia.

Bene, quindi considerate una intera famiglia radunata d'urgenza una sera dopocena in videoconferenza e la mamma o il papà (a seconda di chi sia il capofamiglia) che dice:

“Cari familiari, c'è una epidemia in corso, quindi vi chiedo il sacrificio di non uscire e sospendere le visite e i raduni di famiglia. Allo stesso tempo andranno al lavoro la zia Guendalina che fa la cassiera al supermercato, il cugino Gerardo che guida il camion che trasporta la frutta e sua sorella Giovanna che fa l'infermiera. Tutti gli altri restano a casa e noi gli passeremo uno stipendio ridotto finché non potranno tornare a lavorare.”

Ora una comunicazione del genere va bene farla a qualsiasi ora e con toni emergenziali la prima volta, ma in seguito, quando bisogna aggiornare la situazione, si può trovare un appuntamento preciso dove il tono sia fermo ma rassicurante e soprattutto dove quello che si dice sia ben spiegato e corrisponda alla realtà dei fatti. Ovvero, se si promette lo stipendio ridotto si fa in modo che lo abbiano tutti, quando si può ricominciare ad uscire o lavorare si dice con chiarezza chi, dove e quando.

Insomma si prova ad essere responsabili e non chiacchieroni.

Beh, mi pare che non ci siamo ancora riusciti, vero?

E se a livello governativo la comunicazione latita invece a livello pubblicitario è tutto una Rottura di Coglioni Di Decimo Livello (come direbbe Rocco Schiavone) fatta della più bieca retorica della quale, francamente, non se ne può più.

Anzi, sapete che faccio? Mi segno i prodotti con spot del genere ed evito di comprarli.

Anche se devo cambiare marca di caffè.

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