sabato 27 febbraio 2021

Frammenti 1

Che situazione ambivalente!
Da un lato tutte le parole scritte e pronunciate nei social, nei media mi stanno progressivamente nauseando, dall'altro ho comunque il bisogno di scriverle qui. Smetto, però, di segnalare i post su twitter e instagram, così mi regalo il brivido dell'incertezza, come una roulette russa, Se qualcuno capita qui e legge bene, altrimenti il solo fatto di aver scritto è già per me terapeutico.
Terapeutico in questo tempo di pandemia dove pare che sia riuscito a schivare il virus (sono anche vaccinato) ma non le conseguenze psicologiche di un anno di vita da "zona rossa" per evitare di portare contagi in famiglia.
Mi sento più teso, non ho alcuna speranza né nel futuro né nel genere umano, lavoro ogni giorno su me stesso per tenere a bada la rabbia ed essere disponibile verso le pazienti, e poi mi lascio sorprendere da momenti di tenerezza che sfiorano (o sfociano) nella commozione.
E poi questa vita, che lo voglia ammettere o meno, ha un forte retrogusto di morte.
Una volta se mi lasciavo andare al sonno perché potevo dormire quanto volevo, ero capace di svegliarmi anche per le undici senza che la sera precedente avessi fatto chissà quanto tardi.
Ora il termine massimo sono le otto. E' come se il nuovo giorno mi invitasse a non sprecarne poi tanto ad occhi chiusi. Ok, mi alzo, bevo il caffè e poi mi metto a scrivere (ci sono diversi bei progetti in ballo) però il "blue" permane.
Mi chiedo cosa accadrà se e quando qualcuno proclamerà che la pandemia è finita e possiamo tornare a viaggiare, vedere amici. Sarò capace di ridiventare veramente sociale o mi metterò a fingere rimanendo desideroso di non lasciare la mia odioamata tana?
Non so proprio cosa rispondermi.



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